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Corte di Cassazione, Sez. 5,
Sentenza numero 23853 del 25 settembre 2019
FATTI DI CAUSA
A seguito di verifica fiscale eseguita nei confronti della ditta H. s.p.a., la Guardia di Finanza riscontrava nei registri contabili tre fatture relative all'anno 2004 emesse dalla ditta SIE di Riviste e Periodici, di cui era titolare IR.
Avendo la moglie del R, EB, dichiarato che si trattava di fatture per operazioni inesistenti emesse in un periodo di particolare difficoltà e considerato che il R non era stato in grado di esibire documentazione giustificativa utile alla ricostruzione del volume d'affari, l'Agenzia delle Entrate emetteva avvisi di accertamento, relativi agli anni d'imposta 2003 e 2004, ai fini del recupero a tassazione di maggiore imponibile ai fini IRPEF, IRAP ed I.V.A.
Proposti distinti ricorsi avverso gli avvisi di accertamento, la Commissione tributaria provinciale di Milano, previa riunione, li rigettava con sentenza che veniva appellata dinanzi alla Commissione tributaria regionale, la quale confermava la decisione di primo grado, motivando: « Il Collegio giudicante è del parere che le dichiarazioni della moglie del ricorrente, la mancanza delle scritture contabili prescritte sono da considerarsi indizi attendibili sulla inesistenza delle operazioni fatturate e giustificano l'operato dell'Ufficio per quanto riguarda le contestazioni oggetto degli avvisi di accertamento».
Ricorre per la cassazione della suddetta decisione IR affidandosi a cinque motivi. L'Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza, in relazione al n. 4 del primo comma dell'art. 360 cod. proc. civ., per omessa motivazione ai sensi dell'art. 36 n. 4 del d.lgs. n. 546/1992 e per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., e lamenta che la Commissione regionale ha confermato la sentenza di primo grado senza dare ragione dei motivi che sorreggono il decisum. Fa rilevare che le dichiarazioni rese da EB, che era soggetto terzo rispetto al contribuente, aveva gestito di fatto l'azienda a causa delle continue assenze del titolare dovute a ragioni di salute e non era munita di delega a rappresentare il coniuge durante la verifica della Guardia di Finanza, riguardavano esclusivamente le fatture, presuntivamente riferite a operazioni inesistenti, emesse nei confronti della HUts.p.a., ma non i costi, risultanti dalle fatture dell'anno 2003, ritenuti non documentati, e il mancato riconoscimento della detrazione I.V.A. sugli acquisti riconosciuti esistenti dallo stesso Ufficio nell'avviso di accertamento.
2. Con il secondo motivo, denuncia nullità della sentenza per omessa pronuncia e violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., nonché violazione dell'art. 42, primo comma, del d.P.R. n. 600/1973, per avere i giudici di appello omesso di esaminare il motivo di gravame con il quale si eccepiva la nullità degli accertamenti perché sottoscritti dal «Capo Team Integrato di controllo ER», in assenza di delega da parte del Direttore dell'Agenzia delle Entrate.
3. Con il terzo motivo, si deduce nullità, per omessa pronuncia, e per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione al n. 4 del comma 1 dell'art. 360 cod. proc. civ., nonché violazione degli artt. 42, primo comma, del d.P.R. n. 600/1973, 56 del d.P.R. 633/1972 e 7, primo comma, parte seconda, della I. n. 212/2000, per avere la Commissione regionale omesso di prendere in esame i motivi di appello con i quali era stato eccepito il difetto di motivazione dell'avviso di accertamento, che richiamava il verbale redatto dalla Guardia di Finanza, mai prodotto in giudizio, e per non avere visionato la documentazione acquisita nel corso della verifica, ed in particolare le fatture, che documentavano i costi indicati in dichiarazione dei redditi ed il corretto esercizio del diritto alla detrazione dell'I.V.A. in relazione a detti costi.
4. Con il quarto motivo, denuncia nullità della sentenza, violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. e comunque violazione dell'art. 2697 cod. civ. e lamenta la mancanza di prova del maggior reddito accertato fondato esclusivamente su una presunta «percentuale di redditività media» del 12 per cento. 5. Con il quinto motivo, denuncia nuovamente nullità della sentenza e violazione degli artt. 18, comma 1, della VI Direttiva 388/1977, 19 e 55 del d.P.R. 633/1972 e dell'art. 112 cod. proc. civ., per avere i giudici di secondo grado omesso di pronunciarsi sulla questione concernente la detraibilità dell'I.V.A. pagata ai fornitori per rivalsa sugli acquisti, sottolineando che, ai sensi dell'art. 18 della VI Direttiva, la fattura costituisce documento idoneo e sufficiente a consentire l'esercizio del diritto alla detrazione.
6. Il primo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti motivi.
6.1. Questa Corte ha rilevato che «in tema di provvedimenti del giudice, ricorre il vizio di omessa pronuncia laddove il giudicante emetta una decisione sostanzialmente priva di argomenti coerenti, con una motivazione figurativa e meramente apparente» (Cass. n. 4882 del 11/3/2016) e tale deve ritenersi la motivazione della sentenza oggetto di gravame che non consente di conoscere l'iter logico-argomentativo e giuridico seguito dai giudici di merito e posto a fondamento della decisione.
Come chiarito dalle Sezioni Unite, la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 03/11/2016).
Anche di recente le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che l'obbligo di motivazione previsto in via generale dall'art. 111, comma 6, Cost.
e, nel processo civile, dall'art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., deve intendersi violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass. Sez. U., n. 9279 del 3 aprile 2019).
6.2. Nel caso in esame i giudici d'appello, limitandosi a richiamare le dichiarazioni rese dalla moglie del ricorrente e la mancanza delle scritture contabili quali elementi indiziari idonei a far ritenere oggettivamente inesistenti le operazioni fatturate, hanno fornito una personale e non obiettiva valutazione della vicenda processuale, del tutto priva di qualsivoglia correlazione con tutte le risultanze della causa, alle quali non si fa alcun riferimento. Il richiamo alle dichiarazioni rese dalla moglie del ricorrente ed alla irregolare tenuta delle scritture contabili è generico ed inidoneo a soddisfare quel contenuto «minimo costituzionale» che la motivazione deve avere per non incorrere nella violazione di legge, dovendo essa evidenziare gli elementi che giustifichino il convincimento del giudice e ne rendano possibile il controllo di legittimità (Cass. Sez. U., n. 8053 del 7/4/2014). Infatti, le affermazioni poste a sostegno della motivazione, meramente assertive, non si confrontano con tutte le risultanze processuali e non tengono conto delle questioni sollevate dal contribuente con i motivi di gravame, per cui non è consentito a questa Corte effettuare un controllo sulla logicità e correttezza delle ragioni che hanno portato a ritenere la legittimità dell'accertamento e la fondatezza dei rilievi mossi dall'Amministrazione con gli atti impositivi.
Poiché dalla sentenza impugnata non risulta alcuna disamina dell'atto di impugnazione e delle ragioni del contribuente, né emergono gli elementi che giustificano il convincimento del giudice, le caratteristiche appena descritte rendono la sentenza impugnata affetta da nullità, per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., in quanto corredata da motivazione solo apparente, non espressione di un autonomo processo deliberativo.
La sentenza va, pertanto, cassata, in accoglimento della censura fatta valere con il primo mezzo di ricorso, con rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà al riesame dei motivi di appello, oltre che alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti motivi;
cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 15 maggio 2019
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