Estratto: “(...)il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall'ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali "rationes decidendi", neppure sotto il profilo del vizio di motivazione”.
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Civile, Sez. 5, sentenza Num. 7298 del 16 marzo 2020.
FATTI DI CAUSA
1.La Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva l'appello proposto da I. s.p.a., consolidante, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva respinto il ricorso proposto dalla contribuente nei confronti degli avvisi di accertamento, di primo e di secondo livello, emessi dalla Agenzia delle entrate, per l'anno 2005, in relazione alla indeducibilità dei costi relativi al contratto di associazione in partecipazione stipulato con la propria consociata venezuelana S.d. O.P. C.A. - S. C. A., in connessione con l'appalto ottenuto dalla I. per la costruzione del sistema ferroviario centrale del Venezuela.
Il giudice di appello rilevava che non vi era stata l'instaurazione del
contraddittorio preventivo con la contribuente, che la mera menzione degli avvisi di accertamento di primo e di secondo livello della "memoria presentata dalla società ai sensi dell'art. 12 comma 7 della legge 17 luglio 2000 n. 212", come pure il mero riferimento al fatto che "dalla disamina delle precitate note non emerga alcun elemento sostanziale di rilievo", apparivano inidonei a comprovare l'effettivo adempimento dell'onere di valutazione critica imposta dal principio del contraddittorio.
Inoltre, la mancata valutazione delle difese della contribuente, dunque, nonostante la mancata previsione della invalidità degli avvisi, comportava, comunque, in via interpretativa, la nullità degli stessi.
Il giudice di appello, poi, si soffermava sulla questione della indeducibilità dei costi sostenuti per le prestazioni effettuate dalla S. in forza del contratto di associazione in partecipazione ed evidenziava che quest'ultima, associata, aveva assunto l'impegno di apportare alla I. la propria conoscenza tecnica e l'esperienza nell'area amministrativa e organizzativa, al fine di collaborare con essa nello svolgimento dell'attività ingegneristica connessa alla realizzazione del sistema ferroviario in Venezuela.
Trattavasi, quindi, di prestazione di servizi ricompresa tra le spese deducibili ai sensi dell'art. 109, nono comma, lettera b, d.P.R. 917/1986, in caso di contratti di associazione in partecipazione, non avendo l'Ufficio mai contestato l'effettività di tale associazione.
Infine, il giudice di appello rilevava che era sopravvenuto il giudicato sulla sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 2910/12/2014, favorevole alla contribuente, in relazione alla ripresa Ires per il 2006.
2.Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'Agenzia delle entrate.
3.Resiste con controricorso la società.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di impugnazione l'Agenzia delle entrate deduce "Violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. (ultrapetizione) in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c.", in quanto gli avvisi di primo e di secondo livello, relativi alla controllante I., si basavano su due distinti rilievi: il primo "estraneo al presente ricorso, riguardava il recupero dei costi dedotti a fronte del contratto di associazione in partecipazione stipulato con la consociata venezuelana S."; il secondo, invece, "che forma oggetto del presente ricorso", "riguardava le ripercussioni sulle dichiarazioni individuali e consolidata presentata dalla Impregilo per il 2005 del disconoscimento delle perdite e del maggior reddito conseguentemente accertato in conseguenza degli accertamenti nn. R2E80X0492/XXXX e R2E09X300493/XXXX, notificati dall'Ufficio di Monza 2, con i quali, sempre a livello individuale e a livello consolidato, si contestava che la società aveva indebitamente imputato a conto economico, e dedotto per quinti nei successivi anni, tra cui il 2005, svalutazioni relative a partecipazioni in società residenti a Panama ed in Nigeria (I. Y A. P. S.A., I. B. P. e PHG Ltd)".
Per la ricorrente, l'eccezione di nullità per mancato rispetto del contraddittorio anticipato era stata testualmente sollevata dalla società con esclusivo riferimento alla parte degli avvisi impugnati che si fondava sul disconoscimento dei costi per l'associazione in partecipazione con la S.
La ricorrente aggiunge che "tale eccezione non era invece stata sollevata in relazione alla parte degli avvisi che derivava dal disconoscimento della deduzione delle perdite su partecipazioni panamensi e nigeriane (e ben a ragione, visto che la memoria prodotta dalla società a critica del pvc toccava soltanto la questione S.)".
II giudice di appello, allora, proprio perché l'eccezione riguardava esclusivamente la parte degli avvisi relativi alla indeducibilità dei costi relativi al contratto di associazione in partecipazione con la S., non avrebbe potuto concernere la parte degli avvisi relative alla svalutazioni di partecipazioni panamensi e nigeriane per perdite, di cui agli accertamenti R2E80X00492/XXXX e R2E0XXX00493/XXXX, notificati dall'Ufficio di Monza 2. Avendo, invece, il giudice di appello annullato integralmente gli avvisi impugnati è incorsa nel vizio di ultrapetizione.
2.Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce "violazione e falsa applicazione dell'art. 12 comma 7 legge 212/2000, e dell'art. 42 comma
2, d.P.R. 600/1973, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.", in quanto il giudice di appello ha erroneamente ritenuto fondata l'eccezione di nullità degli avvisi sollevata dalla società per non avere la motivazione degli stessi espressamente confutato gli argomenti svolti dalla società nella memoria depositata dopo la notifica del processo verbale di constatazione.
Infatti, il contradditorio endoprocedimentale non è previsto per i contributi non armonizzati, mentre per quelli armonizzati, pur sussistendo tale obbligo, il contribuente, ove non si proceda al contraddittorio preventivo, deve dimostrare che tale partecipazione avrebbe potuto comportare un "risultato diverso".
Tra l'altro, l'avviso in motivazione richiamava espressamente la memoria presentata dalla società.
2.1.11 ricorso è inammissibile.
Invero, il giudice di appello ha accolto il gravame proposto dalla società sulla scorta di plurime ragioni.
Anzitutto, ha ritenuto che gli avvisi di accertamento, di primo e secondo livello, per l'anno 2005, con i quali era stata determinata una maggiore Ires per euro 6.616.532 "relativi alla associazione in partecipazione con la società venezuelana S. d.O. P. CA, d'ora in poi, breviter, S.", erano nulli per violazione del principio del contraddittorio anticipato.
Si evidenzia che negli avvisi di accertamento c'era soltanto la menzione delle memorie della società e che il mero riferimento alla circostanza "dalla disamina delle precitate note non emerga alcun elemento sostanziale di rilievo, sconosciuto all'atto della notifica del Processo Verbale di Constatazione, atto a comprovare una revisione di quanto contenuto nel medesimo Processo Verbale di Constatazione", con una locuzione generica ed inidonea a dimostrare "l'effettivo espletamento dell'onere di valutazione critica che il principio del contraddittorio anticipato sin qui illustrato impone all'Agenzia delle entrate".
Né la mancata previsione espressa della sanzione di nullità poteva "salvare" i due avvisi, in quanto l'art. 12, settimo comma, legge 212/2000 costituiva attuazione di un principio comunitario inderogabile, sì da concretizzare un vizio di invalidità degli atti per contrasto con una norma imperativa.
Il giudice di appello, però, aggiunge in motivazione anche valutazioni sul merito della pretesa, in relazione alla possibile deducibilità dei costi per spese con la S.
In particolare, si rileva che "ciò posto, si osserva come risultino del pari censurabili le valutazioni espresse dai primi giudici con riferimento alla ravvisata legittimità della ripresa a tassazione dei costi esposti dalla S.I. in relazione alle prestazioni fornite dalla S. in forza del contratto di associazione in partecipazione con questa stipulato".
La Commissione regionale, sul punto, chiarisce che l'impegno della associata S. era quello di apportare alla associata I. la propria conoscenza tecnica ed esperienza nell'area amministrativa e organizzativa al fine di collaborare con essa nello svolgimento dell'attività ingegneristica civile connessa alla realizzazione del sistema ferroviario centrale in Venezuela, sicché, non avendo contestato l'Agenzia l'effettività di tali prestazioni, che rientravano tra quelle previste nell'art. 109, nono comma, lettera b, d.P.R. 917/1986, doveva essere accolto l'appello della contribuente.
Il giudice di appello, con una nuova ratio decidendi, riteneva anche che sulla questione si fosse formato il giudicato con la sentenza della CTR Lombardia n. 2910/12/14, favorevole alla contribuente, per l'anno 2006.
Ora delle sopra riportate, plurime rationes decidendi la ricorrente ha censurato specificamente solo la prima, sicchè sulle altre due rationes decidendi si è formato il giudicato, in assenza di tempestiva impugnazione. Invero, la ricorrente ha addirittura espressamente rinunciato alla impugnazione del capo della sentenza relativo alla ritenuta deducibilità dei costi sostenuti con la S., relativi al contratto di associazione in partecipazione, affermando che "La rettifica si fondava, essenzialmente su due riprese.
La prima concerneva il recupero, in quanto indeducibili, dei costi spesati e dedotti dalla società a fronte del contratto di associazione in partecipazione stipulato con la propria consociata venezuelana S. de O. P. C.A. - S. C.A. - in connessione con l'appalto ottenuto dalla I. per la costruzione del sistema ferroviario centrale Venezuela.
Questo rilievo, annullato dalla sentenza in epigrafe dalla CTR di Milano, non interessa il presente ricorso" (cfr. pagina 2 del ricorso per cassazione).
La ricorrente, poi, dichiara espressamente di voler impugnare la parte della sentenza della CTR che riguarda, però, la indeducibilità delle svalutazioni delle partecipazioni delle società residenti a Panama ed in Nigeria, che pure sono stati autonomamente impugnati dalla società ed il cui giudizio già pende dinanzi alla Corte di cassazione (cfr. pagina 2 del ricorso per cassazione "la seconda ripresa, pure annullata dalla CTR con la sentenza in epigrafe e che invece interessa il presente ricorso, concerneva le ripercussioni sulla dichiarazione individuale e su quella consolidata relative al 2005 della ripresa a tassazione, operata dall'ufficio di Monza 2 dell'Agenzia delle entrate con avvisi di accertamento nn. R2EXXX00492/20XX e R2E 0XXX00493/20XX(autonomamente impugnati dalla società e attualmente all'esame di codesta S.C. nel ricorso n.r.g. 8644/2013 proposto dalla società) con i quali, sempre a livello individuale e a livello consolidato, si contestava che la società aveva imputato al conto economico svalutazioni relative a partecipazioni in società residenti a Panama ed in Nigeria....").
In realtà, il presente procedimento non riguarda in alcun modo la questione della indeducibilità della svalutazione delle partecipazioni nelle società della Nigeria e di Panama, mentre l'avviso di accertamento di secondo livello del 2010 qui impugnato, richiama il precedente avviso di accertamento del 2008, ma solo come premessa per giungere alla concreta determinazione della ripresa a tassazione (cfr. avviso di secondo livello "....visto l'avviso di accertamento n. R2E090300493...e tenuto conto del provvedimento di autotutela parziale.. .con il quale è stato rettificato il reddito..."). Anche nel primo motivo di impugnazione in cassazione la ricorrente manifesta la volontà di non impugnare la parte della motivazione della CTR relativa alla riconosciuta deducibilità dei costi per spese relative al contratto di associazione in partecipazione con la Suropca (cfr. pagina 12 del ricorso per cassazione "come emerge dalla narrativa che si è premessa e dalle trascrizioni ivi operate, gli avvisi di accertamento di primo e di secondo livello impugnati dalla società si basavano su due ben distinti ordini di rilievi: il primo, estraneo al presente ricorso, riguardava il recupero dei costi dedotti a fronte del contratto di associazione in partecipazione stipulato con la consociata venezuelana S."), limitando la propria volontà impugnatoria alla questione della deducibilità dei costi da svalutazione delle partecipazioni nelle società di Panama e della Nigeria, che però attiene ad altro e distinto ricorso già pendente in Cassazione, come ammesso dalla stessa Agenzia delle entrate (cfr. pagina 12 del ricorso per cassazione "il secondo, che forma oggetto del presente ricorso, riguardava le ripercussioni sulle dichiarazioni individuali e consolidata presentate dalla I. per il 2005 del disconoscimento delle perdite e del maggior reddito conseguentemente accertato in conseguenza degli accertamenti nn. R2EXXX00492/XXXX e R2E0XXX00493/XXXX, notificati dall'ufficio di Monza 2, con i quali, sempre a livello individuale e a livello consolidato, si contestava che la società aveva indebitamente imputato a conto economico, e dedotto per quinti nei successivi anni, tra cui il 2005, svalutazioni relative a partecipazioni in società residenti a Panama ed in Nigeria").
A pagina 13 del ricorso per Cassazione l'Agenzia delle entrate evidenziava ancora che "l'eccezione di nullità per mancato rispetto del contraddittorio anticipato era stata testualmente sollevata dalla società, come si è riportato e trascritto in narrativa, con esclusivo riferimento alla parte degli avvisi impugnati che si fondava sul disconoscimento dei costi per l'associazione in partecipazione con la S.
Tale eccezione non era invece stata sollevata in relazione alla parte degli avvisi che derivava dal disconoscimento della deduzione delle perdite su partecipazioni panamensi e nigeriane (e ben a ragione, visto che la memoria prodotta dalla società critica del pvc toccava soltanto la questione S.)". Per questa Corte, dunque, nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato
oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l'accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, "in toto" o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l'una o l'altro sorreggano.
Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perché il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (Cass., sez. 1, 27 luglio 2017, n. 18641; Cass., sez. 1, 18 aprile 1998, n. 3951; Cass., sez. 1, 18 settembre 2006, n. 20118; Cass., sez.un., 8 agosto 2005, n. 16602).
Invero, il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall'ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali "rationes decidendi", neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass., sez. L., 4 marzo 2016, n. 4293; Cass., sez.un., 29 marzo 2013, n. 7931).
Va anche sottolineato che l'Agenzia delle entrate ha addirittura espresso la sua volontà di non voler impugnare la parte della motivazione della sentenza del giudice di appello che aveva riconosciuto la deducibilità delle spese relative al contratto di associazione in partecipazione stipulato tra I., associante, e S., associata (cfr. pagina 2 "questo rilievo non interessa il presente ricorso"), sì da palesare una vera e propria carenza di interesse ad impugnare la sentenza della CTR, che si era occupata unicamente dei due avvisi di accertamento di primo e di secondo livello dell'anno 2010 (TMB0XXB00383/XXXXe TMB0XXXX0409/XXXX).
La ricorrente, quindi, avrebbe dovuto impugnare tutte le tre distinte ed autonome rationes decidendi poste a base della motivazione della CTR.
3.Le spese del giudizio vanno poste a carico della Agenzia delle entrate e si liquidano come da dispositivo.
4.Non opera a carico dell'Agenzia ricorrente il raddoppio del contributo unificato (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550; Cass., n. 889/2017).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna l'Agenzia delle entrate a rimborsare in favore della società le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi euro 11.700,00, oltre euro 200,00 per esborsi, Iva e Cpa, oltre rimborso spese generali nella misura forfettaria del 15 %.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 17 gennaio 2020
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