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Estratto: “non risulta affatto viziato il ragionamento dei secondi giudici che hanno ritenuto soddisfacenti le circostanze addotte dalla contribuente (concessione in fitto a società terza dell'unica azienda posseduta dalla società contribuente; comparazione tra il canone di affitto percepito e canoni di fitto di aziende similari ricadenti nella stessa zona), per dare prova contraria alla presunzione di reddività minima”.

Estratto: “I motivi sono fondati in quanto il giudice dell'appello ha considerare l'improcedibilità dell'appello incidentale quale conseguenza del rigetto dell'appello principale, quando, viceversa, solo la dichiarazione di inammissibilità dell'appello principale, e non il suo rigetto nel merito, rende improcedibile l'appello incidentale. L'art. 334 cod. proc. civ. fa dipendere la validità dell'impugnazione tardiva dall'ammissibilità dell'appello principale, mentre, nel caso in esame, non si è in presenza di un appello incidentale tardivo e, comunque, l'appello principale è stato rigettato nel merito e non dichiarato inammissibile, per cui illegittima è la dichiarazione di improcedibilità dell'appello incidentale quale conseguenza del rigetto dell'appello principale”.

Estratto:non v'è dubbio che l'impugnazione del ruolo sia pienamente ammissibile e che i secondi giudici siano incorsi nell'errore e nell'omissione censurati, laddove hanno ritenuto che il ruolo, ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, non poteva essere impugnato autonomamente dalla cartella (v. sentenza pag. 2-3-: "ruolo e cartella costituiscono un unico atto impugnabile non separabili...")”.

Estratto: “l'esercente attività d'impresa o professionale può dedurre dai redditi d'impresa i costi occorsi per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di un immobile condotto in locazione, anche se si tratta di un bene di proprietà di terzi, purché sussista il requisito dell'inerenza, avente valenza qualitativa, e quindi da intendersi come nesso di strumentalità, anche solo potenziale, tra il bene e l'attività svolta».

Estratto: «nel caso in cui la impresa contribuente abbia esternalizzato alcune fasi del processo produttivo a imprese terze, mettendo a disposizione di queste ultime beni di sua proprietà, relativamente ai quali ha sostenuto costi pluriennali, ovvero relativamente ai quali abbia contabilizzato canoni di leasing, la stessa può considerare inerenti i relativi costi, ove l'attività svolta dal terzo che utilizzi i beni del contribuente si inserisca quale segmento produttivo nell'attività imprenditoriale complessivamente svolta dalla contribuente».

Estratto: “Nel caso in esame, l'Ufficio avrebbe dovuto esplicitare le ragioni per cui i motivi dedotti dal contribuente, malgrado la documentata gravità e le pacifiche conseguenze invalidanti non transitorie derivatene, non siano valse a superare, se non in parte, la presunzione su cui era basato l'atto impositivo”.

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Estratto: “La violazione dell'art. 2697 c.c. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull'onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l'onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni, mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell'art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla "valutazione delle prove"...." (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 16598 del 05/08/2016)”.