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Esercenti servizi di pompe funebri: controlli in assenza di gravi indizi di evasione? 3 casi in cui i contribuenti hanno vinto il processo contro l’Agenzia delle Entrate

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Esercenti servizi di pompe funebri: controlli in assenza di gravi indizi di evasione? 3 casi in cui i contribuenti hanno vinto il processo contro l’Agenzia delle Entrate

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Mediatori abusivi, lavoratori in nero e mancata fatturazione dei servizi svolti sono alcune delle accuse di evasione avanzate nei confronti di chi opera nel settore delle pompe funebri.

Al centro di numerosi scandali, il settore dei servizi funerari è considerato ad alto rischio proprio a ragione dell’essenzialità dei servizi offerti in un momento delicato della vita delle persone.

Tra le pratiche biasimate soprattutto quelle che attengono il procacciamento abusivo di clienti, per mezzo di comportamenti discutibili attuati da operatori sanitari o del soccorso sanitario che mettono in contatto le aziende funebri con le famiglie dei defunti ottenendo una percentuale sull’affare concluso. Nonostante le critiche si tratta di un settore ad alta concorrenza e ritenuto economicamente sicuro che subisce non dirado, anche per tali ragioni, controlli da parte del Fisco.

Secondo quanto sostenuto dagli accertatori in diversi casi una prassi comune sarebbe la seguente: accordarsi per un dato prezzo del servizio, emettere fattura solo per l’importo per cui è possibile la detrazione fiscale e pagare il resto in contanti, senza che venga emesso alcun scontrino o ricevuta fiscale. Insomma, l’accusa principale è che solo una parte dei proventi sia effettivamente dichiarata al fisco, ovvero quella che consente la detrazione fiscale, mentre la restante sia completamente evasa.

Tuttavia, il settore dei servizi funerari svolge un rilevante ruolo sociale ed una funzione pubblica indispensabile.

Il settore è per lo più costituito da piccole imprese composte prevalentemente dal titolare, spesso a conduzione familiare e con la presenza di un ristretto numero di personale dipendente. Per svolgere l’attività, inoltre, le imprese devono possedere la licenza di pubblica sicurezza rilasciata dalla Questura competente in base alla sede dove viene svolta l’attività, rivolta per lo più ad una clientela privata.

Queste imprese generalmente svolgono un servizio tutto compreso, occupandosi non solo delle tipiche attività di tumulazione e trasporto della salma, ma anche di tutta una serie di incombenze accessorie che la famiglia non è nell’animo di curarsi in un momento delicato. Infatti, i servizi possono anche riguardare le prestazioni accessorie che vanno dall’affissione dei manifesti ai necrologi sui giornali, dalla fornitura dei fiori all’espletamento di tutte le pratiche burocratiche/amministrative da svolgere presso gli uffici comunali o presso la A.S.L. di competenza.

Il rilevante ruolo svolto da queste imprese non le esime, tuttavia, da frequenti verifiche ed accertamenti fiscali. Uno dei primi aspetti su cui si potrebbero concentrare le verifiche è innanzitutto il fattore dimensionale, ovvero l’accertamento sul numero di addetti e sul numero di servizi funebri effettuati.

Le verifiche si indirizzerebbero dunque, da un lato, sull’osservanza degli obblighi in materia di lavoro, onde scongiurare il lavoro in nero di dipendenti non assunti, sulla corretta tenuta della contabilità partendo dai ricavi o sulla eventuale sottofatturazione della prestazioni erogate.

Sotto questo ultimo aspetto, ad esempio, potrebbero venire analizzate le tariffe praticate per le diverse tipologie di prestazioni, i beni strumentali posseduti, le percentuali di sconto praticate, la  tipologia di clientela, se sono privati o enti.

Oltre agli accessi all’interno delle aziende, ulteriori notizie potrebbero venire acquisite da fonti esterne quali Questura, l’Anagrafe mortuaria dei Comuni, quotidiani locali, notizie poi eventualmente comparate, ad esempio con le denunce mortuarie eseguite dall’impresa nell’arco dell’anno, col numero di trasporti eseguiti o, addirittura col numero di necrologi pubblicati nei quotidiani locali sotto il nome dell’impresa oggetto di verifica.

Insomma, Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate spesso partendo dall’analisi delle dichiarazioni dei redditi tentano di stimare le prestazioni effettivamente eseguite, ricorrendo anche all’ausilio di studi di settore oggi sostituiti dagli Indici di capacità contributiva.

Tuttavia, anche se l’indagine finanziaria dovrebbe partire in presenza di gravi indizi di evasione, ovvero qualora vi sia una evidente e significativa divergenza il volume d’affari ed i redditi accertata, non di rado anche divergenze meno evidenti potrebbero far nascere un accertamento fiscale a carico delle imprese funebri.

Vediamo di seguito un esempio di alcuni casi in cui dette i contribuenti, a fronte di una verifica e della contestazione, hanno contestato la stessa rivolgendosi ad un legale e ottenuto la vittoria in esito al processo.

Corte di Cassazione, sentenza n. 18373 del 09/07/2019

Questa vicenda sfociata in contenzioso ha avuto origine dal ricorso proposto dagli eredi di un esercente un’impresa di onoranze funebri avverso l’avviso di accertamento emesso nei loro confronti dall'Agenzia delle Entrate e relativo a imposte dirette ritenute dovute per presunti maggiori ricavi derivanti dall’attività.

In particolare, l’Agenzia delle Entrate, attraverso la determinazione induttiva del reddito, aveva accertato l'omessa fatturazione di tre servizi funebri e la sottofatturazione di altri servizi praticati a Euro 1.768 rispetto ai 2.200 euro mediamente praticati ai clienti.

I giudici di primo grado avevano dato solo parzialmente ragione ai due eredi ritenendo che il costo medio dei servizi funerari praticati dall’impresa del padre non fosse quanto calcolato dall’Agenzia delle Entrate ma di meno, ovvero stimato in 2.000 euro.

I contribuenti però lamentavano che il giudice di merito si era limitato ad una riduzione equitativa del reddito accertato che teneva conto della regolarità della contabilità e della vetustà dei mezzi impiegati dall’impresa.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei due eredi ritenendo che il giudice del merito, accertando l'illegittimità parziale dell’avviso di accertamento, deve determinare il reddito senza ricorrere ad una soluzione intermedia equitativa ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria. In sostanza la CTR non aveva motivato i criteri che lo avevano indotto a ridurre ad Euro 2.000 il costo di ogni servizio facendo riferimento solo ad una valutazione equitativa.

Comm. Trib. Reg. per la Sicilia, sentenza n. 1538 del 02/05/2017

In questa vicenda la contribuente, esercente l'attività di onoranze funebri e commercio al dettaglio di fiori e piante, aveva presentato ricorso contro l’avviso di accertamento con cui veniva contestata una presunta omessa dichiarazione di ricavi per circa 40 mila euro, indebita deduzione di costi ritenuti non documentati, nonché l'omesso versamento delle ritenute d'acconto relative al compenso di un dipendente in nero.

La contribuente contestava che l’Agenzia delle Entrate non avrebbe dimostrato i 5 servizi funebri ritenuti non fatturati e desunti dalla documentazione dell’anagrafe comunale. L’Ufficio avrebbe, inoltre, dedotto l’evasione fiscale dalle prestazioni lavorative di un soggetto il cui rapporto di lavoro non era stato correttamente formalizzato. Infine, avrebbe desunto il maggior reddito da due servizi funebri svolti in anni successivi rispetto all’accertamento.

La CTR aveva parzialmente accolto l’appello con riferimento ai ricavi non dichiarati che sarebbero non 40 mila euro bensì 25; ed aveva accolto le doglianze della contribuente con riferimento a tutti gli altri motivi annullando l'impugnato avviso di accertamento relativamente alla determinazione induttiva di ulteriori ricavi. La CTR, inoltre, aveva disposto che l’Agenzia doveva rideterminare il reddito dell’impresa riconoscendo i costi sostenuti dalla contribuente per il noleggio in nero del carro funebre e per pagare il lavoratore in nero, dato che i costi, seppur in nero, erano comunque stati sostenuti.

Comm. Trib. Reg. per la Basilicata, sentenza n. 318 del 04/05/2015

Anche questo contenzioso ha preso avvio da un avviso di accertamento notificato ad una contribuente esercente l’attività di pompe funebri attraverso cui sono stati contestati presunti maggiori ricavi non contabilizzati in base a ricostruzione induttiva basato unicamente sulle dichiarazioni fornite dai terzi.

La Ctp ha accolto il ricorso ritenendo che l’atto impositivo non poteva basarsi unicamente sulle dichiarazioni rilasciate dai terzi agli organi verificatori ma avrebbe dovuto essere supportato da ulteriori elementi di prova.

Tale impostazione è stata confermata anche in grado di appello dove è stato confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento basato su dati non significativi e su generici indizi a suffragio di quanto affermato dai terzi.

 

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