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Estratto: “La motivazione resa dai giudici di appello incorre nel vizio denunciato in quanto omette di spiegare le ragioni per cui le risultanze della C.T.U., favorevoli alla contribuente, fossero inattendibili. Secondo il costante orientamento di questa Corte, infatti, «ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto "statico" della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto "dinamico" della dichiarazione stessa”.

Estratto: “i motivi, che possono essere unitamente esaminati, sono inammissibili; la postulazione, invero, risulta del tutto generica e tale da condurre alla valutazione di inammissibilità per difetto di specificità alla stregua del consolidato principio di diritto riaffermato da questa Corte (Cass. Sez. Un., 20 marzo 2017, n. 7074) e già in precedenza espresso (Cass. civ., n. 4741/2005)”.

Estratto: “Secondo insegnamento consolidato, infatti, «ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l'omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l'annullamento della sentenza» (così Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 9752 del 18/04/2017, Rv. 643802-01). Nella fattispecie in esame non risulta censurata sotto alcun profilo l'autonoma ratio decidendi della sentenza secondo cui «Dalla documentazione agli atti emerge inoltre con estrema chiarezza che la società tanto negli intendimenti che nel comportamento non era una società di comodo è pertanto ad essa non deve essere applicata la normativa che la legge riserva a questo tipo di società”.

Estratto: “il campione utilizzato non risultava significativo e rappresentativo di tutte le giacenze esistenti in magazzino e che, di conseguenza, risultando impossibile verificare «l'analitica composizione quantitativa dei beni, nonché il loro esatto valore commerciale», i criteri di calcolo adottati dai verbalizzanti non apparivano metodologicamente corretti e la procedura seguita per la rideterminazione dei maggiori ricavi accertati non risultava convincente. A fronte dell'apprezzamento compiuto dal giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità, la ricorrente ha omesso di evidenziare elementi di fatto e contabili rilevati dai verbalizzanti nel corso delle indagini non esaminati dal giudice di merito che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione”.

Estratto: “Il giudice d'appello ha anzi, all'esito dell'esame compiuto, affermato che non era stata raggiunta la prova, gravante sull'ufficio, dell'inesistenza delle operazioni - e quindi della legittimità dell'atto impositivo -, e che non era stato prodotto in giudizio il verbale di constatazione cui in proposito facevano riferimento tanto l'avviso di accertamento quanto l'amministrazione nelle deduzioni difensive”.

Estratto: “il motivo è infondato in quanto la richiesta degli atti ai contribuenti da parte dell'amministrazione finanziari risulta generica e non tale da consentire di individuare la documentazione necessaria a soddisfare l'esigenza di accertamento da parte dell'ufficio e, d'altra parte, la sentenza impugnata fa espresso riferimento alla documentazione relativa alla compravendita di capannone e cioè ad atto pubblico come tale in possesso dell'amministrazione stessa e di cui non è quindi necessaria la richiesta, per cui la deduzione ricorrente relativa alla mancata esibizione di documenti risulta generica e infondata”.

Estratto: “il giudice tributario di appello liberamente valutando la prova rappresentata dalle informative OLAF e ritenendo prevalente la controprova costituita dai documenti prodotti da L. srl, ha correttamente applicato i richiamati principi di diritto in tema di valutazione delle prime e di inversione dell'onere probatorio a fronte di esse, con un giudizio di merito che non è, in ogni caso, ulteriormente sindacabile in questa sede (in questo senso, tra le molte, v. Cass. n. 9097 del 07/04/2017)

Estratto: “competente territorialmente alla revisione dell'accertamento divenuto definitivo è la dogana presso la quale è sorta l'obbligazione tributaria, ossia quella dove si sono svolte le operazioni di importazione, con conseguente annullabilità dell'atto impositivo adottato dall'Ufficio territorialmente incompetente (…) nel sistema di accertamento delle violazioni doganali, delineato dal d.P.R. n. 43 del 1973, dal d.lgs. n. 374 del 1990 (ante modifiche introdotte dall'art. 9, comma 3-decies, del d.l. n. 16 del 2012) e dal Reg. (CEE) n. 2913/92 (applicabili ratione temporis), territorialmente competente alla rettifica è, a pena di annullabilità dell'atto impositivo, la dogana presso la quale è sorta l'obbligazione tributaria, ossia quella presso la quale si sono svolte le operazioni di importazione, tanto che trattasi di avviso emesso nei confronti del rappresentante (indiretto) dell'importatore quanto di avviso emesso nei confronti del rappresentato”.

Estratto: “riguardo al rilievo da attribuire alle disponibilità finanziaria derivanti da successione ereditaria - sulla base delle quali la CTR ha ritenuto che il contribuente avesse fornito adeguata prova contraria rispetto alla presunzione riveniente dal redditometro. Tale apprezzamento di fatto è riservato al giudice di merito e non è soggetto a sindacato in sede di legittimità”.

Estratto: “il sistema di accertamento delle violazioni doganali, delineato dal Testo Unico 23 gennaio 1973, n. 43, e dal Reg. (CEE) n. 2913/92, applicabili ratione temporis, presuppone una precisa articolazione della competenza sul territorio, prevedendo, per ogni attività o situazione considerata, una singola dogana competente per territorio, individuabile in ragione di un criterio di collegamento, esplicitamente o implicitamente indicato e corrispondente, in linea generale, al luogo in cui si è radicato un rapporto ovvero è sorta un'obbligazione o è accaduto un fatto, con la conseguenza che, in mancanza dell'enunciazione di uno specifico criterio di collegamento territoriale, non può ritenersi competente qualsiasi ufficio doganale operante sul territorio nazionale (cfr. Cass. 5 luglio 2011, n. 14786)”.