Estratto: “la CTR non si è attenuta al dato normativo, ai princìpi di diritto e ai profili di valutazione del presupposto impositivo dell'IRAP appena enunciati giacché, in sostanza, ha erroneamente ravvisato la ricorrenza del presupposto dell'autonoma organizzazione esclusivamente sulla base delle circostanze di fatto - incontestate, ma di per sé insufficienti - che il commercialista, per l'esercizio della propria attività professionale, si fosse avvalso, nel biennio in esame, di una segretaria part-time, che veniva impiegata per poche ore settimanali (11 ore nel 2008; 9 ore nel 2009); le considerazioni precedenti comportano che, accolto il primo motivo, ed assorbiti gli altri, la sentenza sia cassata; non essendo necessaria ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., coll'accoglimento del ricorso introduttivo”.
Estratto: “sorgendo il diritto alla detrazione dell'imposta relativa ai beni e servizi acquistati nel momento in cui l'imposta diviene esigibile (art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972) - e, dunque, nel caso di specie nell'anno 2004 -, non può trovare applicazione la modifica dell'art. 19 bis.1, primo comma, lett. i), del d.P.R. n. 633 del 1972 introdotta con il d.l. n. 223 del 2006, in vigore dal 4 luglio 2006, che esclude dal novero soggetti che hanno diritto alla detrazione dell'imposta quelli che effettuano la rivendita dei fabbricati ad uso abitativo; 2.4.2. secondariamente, perché la seconda parte del menzionato art. 19 bis.1, primo comma, lett. i), prevede - diversamente da quanto ritenuto dalla CTR - che il diritto alla detrazione spetta anche ai soggetti che effettuano locazione di immobili ad uso abitativo (come la S. s.r.I.) e godano del regime cd. del pro rata”.
Estratto: “l'Agenzia delle entrate non può sostituire alla valutazione del giudice di merito la propria diversa interpretazione dei medesimi fatti, né gli elementi la cui valutazione sarebbe stata omessa possono essere considerati decisivi ai fini della decisione, non potendo ragionevolmente trarsi dagli stessi conclusioni inequivoche in relazione alla conoscenza della frode da parte della società contribuente; 4. In conclusione, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna dell'Agenzia delle entrate al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese”.
Estratto: “la Commissione ritiene di accogliere l'appello del contribuente. Il sistema sanzionatorio non può colpire il contribuente per ogni trascurabile irregolarità o violazione e non può essere disgiunto dagli obbiettivi per cui la legge colpisce e sanziona. Vale a dire la prevenzione delle frodi in danno dell'Erario, il contrasto all'evasione delle imposte, lo scoraggiare le elusioni tributarie e l'assicurazione della esatta riscossione del carico tributario. Tanto che lo statuto del contribuente impone all'Amministrazione di instaurare un contraddittorio col contribuente, al fine di rimuovere quegli ostacoli o incomprensioni o equivoci, che sempre ci possono essere. (…). Una sanzione di oltre 31mila euro per una così veniale irregolarità, irrogata tra l'altro senza aver preventivamente invitato la società a regolarizzare la sua posizione in relazione al suo attestatore, è in contrasto con le finalità e il sistema statutario predetto”.
Estratto: “è innegabile (vista la tavola sinottica predisposta dall' appellata per il confronto tra dettato normativo e testo rogitato, che sono identici) che il contenuto dell'art. 6.1 del regolamento del trust B., di cui all'atto modificativo del trust stesso a rogito Notaio D. nn. XXX/XXX del 2018, sia del tutto conforme alla richiamata previsione normativa (…) Ritiene conclusivamente questa CTR che B Trust Onlus abbia diritto all'iscrizione nell'anagrafe ONLUS e, alla stregua delle svolte considerazioni, l'appello dell'Agenzia deve essere respinto”.
Estratto: “Se l'art. 33 DL. 78/2018, quale norma impositiva, dispone una tassazione aggiuntiva per i soggetti che "rivestono la qualifica di dirigenti nel settore finanziario", tale disposizione non può essere integrata ricorrendo ad interpretazioni estensive che prendono a prestito definizioni presenti in altri rami dell'ordinamento, quale quella di settore finanziario, propria degli istituti di credito e degli intermediari finanziari, richiamata nell'atto di appello”.
Estratto: “La detraibilità dell'accantonamento dei compensi degli amministratori non deve essere determinata con le stesse regole previste per i lavoratori dipendenti (retribuzione annua divisa per 13,5), in quanto il legislatore fiscale non ha dettato una normativa derogatoria per tali accantonamenti, ma ha operato un richiamo alla disciplina civilistica prevista per i lavoratori dipendenti. Ebbene, è ammesso come costo deducibile, nel conto economico della società anche l'accantonamento di fine mandato”.
Estratto: “L'articolazione dell'organizzazione, il numero di soggetti coinvolti e la molteplicità delle attività erogate identificano, ad avviso di Questa Commissione, una realtà complessa che non può essere inquadrata - come preteso - in termini riduttivi di "utilizzo e sfruttamento di beni immateriali" da intendersi quali marchi e know - how connesso ai sistemi di pagamento. Basti pensare, a titolo esemplificativo, alle reti di comunicazioni che veicolano nei corrispondenti circuiti le richieste e le autorizzazioni di spesa, alle operazioni di contabilizzazione e pareggio dei conti, alla gestione dei POS presso gli esercenti: attività, queste, che si avvalgono di strumenti non certo qualificabili come beni immateriali e che esigono servizi peculiari altamente specializzati”.
Estratto: “in tema di provvedimenti del giudice, ricorre il vizio di omessa pronuncia laddove il giudicante emetta una decisione sostanzialmente priva di argomenti coerenti, con una motivazione figurativa e meramente apparente» (Cass. n. 4882 del 11/3/2016) e tale deve ritenersi la motivazione della sentenza oggetto di gravame che non consente di conoscere l'iter logico-argomentativo e giuridico seguito dai giudici di merito e posto a fondamento della decisione. (…) Come chiarito dalle Sezioni Unite, la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 03/11/2016)”.
Estratto: “i giudici regionali, pur avendo dato atto che l'Ufficio con l'avviso di accertamento aveva contestato l'omessa contabilizzazione dei canoni di fitto per euro 47.100,00, «come indicati nel contratto di fitto di azienda», hanno poi erroneamente ricondotto detti canoni in una fattispecie astratta piuttosto che in un'altra (Cass. n. 13747 del 31/5/2018; Cass. n. 10320 del 2018)(…). Questa Corte è infatti ferma nel ritenere che «la differenza tra locazione di immobile con pertinenze e affitto d'azienda consiste nel fatto che nella prima ipotesi l'immobile concesso in godimento viene considerato specificamente, nell'economia del contratto, come l'oggetto principale della stipulazione, secondo la sua consistenza effettiva e con funzione prevalente e assorbente rispetto agli altri elementi, i quali (siano essi legati materialmente o meno all'immobile) assumono carattere di accessorietà e rimangono collegati all'immobile funzionalmente, in posizione di subordinazione e coordinazione. Nell'affitto d'azienda, invece, l'immobile non viene considerato nella sua individualità giuridica, ma come uno degli elementi costitutivi del complesso di beni mobili e immobili, legati tra di loro da un vincolo di interdipendenza e complementarietà per il conseguimento di un determinato fine produttivo, sicchè l'oggetto del contratto è costituito dall'anzidetto complesso unitario» (Cass. n. 9354 del 27/6/2002; Cass. n. 1243 del 4/2/2000; Cass. n. 10106 del 2/8/2000)”.
Estratto: “In materia sono intervenute le Sezioni Unite di questa Corte le quali, con la sentenza n. 18184 del 2013, hanno statuito il seguente principio: «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000 (cd. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, opera una valutazione "ex ante" in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l'atto impositivo emesso "ante tempus>>”.
Estratto: “deve essere ribadito l'orientamento giurisprudenziale, formatosi su analoghe vicende, secondo cui «In materia di IVA, il prestatore di un servizio può chiedere all'amministrazione finanziaria il rimborso dell'imposta indebitamente versata dopo il decorso del termine di decadenza previsto dall'art. 21, secondo comma, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sebbene esclusivamente per quell'imposta che egli abbia effettivamente rimborsato al committente in esecuzione di un provvedimento coattivo, poiché, secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella sentenza del 15 dicembre 2011 nel procedimento C-427/10, il principio di effettività del diritto comunitario, pur non ostando ad una normativa nazionale in materia di ripetizione dell'indebito che preveda un termine di prescrizione per il committente più lungo di quello di decadenza per il prestatore del servizio, non è soddisfatto quando l'applicazione di tale disciplina abbia la conseguenza di privare completamente il soggetto passivo del diritto di ottenere dall'Amministrazione finanziaria il rimborso dell'IVA non dovuta. (Principio affermato in relazione a domanda di rimborso presentata da un istituto di credito concessionario del servizio di riscossione dei contributi di bonifica per l'IVA versata sugli aggi ad essa corrisposti e della quale il consorzio aveva successivamente chiesto in giudizio la restituzione ex art. 2033 cod. civ.)». (così Cass., Sez. 5, Sentenza n. 12666 del 20/07/2012, Rv. 623394-01”.
Estratto: “il codice doganale comunitario ha stabilito, con gli artt. 29, 30 e 31, una rigida sequenza di regole di determinazione del valore doganale e che il valore di transazione deve comunque riflettere il valore economico reale della merce importata e tener conto di tutti gli elementi di rilievo economico di essa; ne consegue che, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa della controricorrente, nel seguire la rigida scansione delle regole fissate dal codice doganale comunitario, quando il valore in dogana non possa essere determinato mediante ricorso al valore di transazione delle merci importate, la valutazione doganale si dovrà attenere alle disposizioni dell'art. 30 cit. codice, applicando, in sequenza, i metodi previsti alle lettere da a) a d) del paragrafo 2 di quest'ultimo articolo (Corte Giust. 12 dicembre 2013 C-116/12, punto 41) e soltanto quando non sia possibile determinare il valore in dogana delle merci importate neppure sulla base dell'art. 30 codice doganale, si opererà la valutazione in dogana conformemente alle disposizioni dell'art. 31 cit. codice (sentenza in causa C-116/12, punto 42)”.
Estratto: “la C.T.R. ha omesso di rilevare d'ufficio la tardività dell'appello a suo tempo proposto dall'Agenzia delle Entrate. (…) l'inammissibilità dell'appello proposto tardivamente è sempre e comunque rilevabile d'ufficio dalla Corte di cassazione quando la relativa questione non sia stata dibattuta davanti al giudice di secondo grado e non abbia formato oggetto di una sua pronuncia, dato che l'indagine sulla tempestività del gravame si risolve nell'accertamento di un presupposto processuale per la proseguibilità del giudizio, determinando la sua tardiva proposizione il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado”.