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I costi per pagamento di somme, a titolo di transazione per prevenire i contenziosi, sono inerenti. Accolto il ricorso dell’Istituto Bancario. Rigettato invece il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “i costi sostenuti dalla Banca per il pagamento di somme, a titolo di transazione con i propri clienti, per prevenire l'instaurazione di controversie attinenti alla pretesa responsabilità precontrattuale o contrattuale dell'istituto di credito nell'espletamento dei servizi finanziari (obbligazioni Cirio e bond argentini) sono inerenti all'esercizio dell'impresa e, quindi, deducibili ai sensi dell'art. 109 comma 5 d.p.r. 917/1986". "I costi relativi alla acquisizione e all'utilizzo del diritto di superficie per 72 anni di un immobile da parte di una banca, nel caso di pagamento differito, sono deducibili”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 28355 del 5 novembre 2019

FATTI DI CAUSA

1.L'Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento nei confronti della B. (Banca) e S., per l'anno 2008, evidenziando, tra l'altro, per quel che ancora qui rileva, la non deducibilità di costi per € 460.995,00, derivanti da transazione della banca con la clientela per prevenire controversie in ordine agli investimenti in bond argentini ed altro, oltre che dei costi relativi all'acquisizione di un diritto di superficie su immobili, entrambi per difetto di inerenza, nel primo caso per illiceità della condotta, nel secondo per il mancato utilizzo in concreto del bene. Inoltre, erano disconosciute le quote di ammortamento di oneri pluriennali relativi all'acquisizione di un bene immateriale, quale la lista clienti, attinente all'acquisto di un ramo di azienda di un promotore finanziario, in quanto tale lista non rappresentava un bene separabile e scorporabile, non potendo, dunque, costituire una attività immateriale.

2. La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso, mentre la Commissione tributaria regionale, per quel che ancora qui rileva, accoglieva parzialmente l'appello proposto dall'Ufficio, ritenendo indeducibili i costi di transazione e quelli per l'acquisizione del diritto di superficie, confermando per il resto la sentenza di prime cure.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente, che deposita anche memoria scritta. 4. Resiste l'Agenzia delle entrate con controricorso e proponendo ricorso incidentale. 5. La Contribuente propone controricorso al ricorso incidentale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di impugnazione la contribuente deduce "violazione e falsa applicazione dell'art. 109 comma 1 e comma 5 del d.p.r. 917/1986 con riguardo alla non deducibilità dei costi di transazione per asserito difetto di inerenza", non sussistendo un principio implicito di legalità, ai sensi dell'art. 109 d.p.r. 917/1986, tale da escludere in via generale la deducibilità delle somme corrisposte dall'impresa a titolo risarcitorio in relazione all'attività svolta ed anche quelle che l'impresa ha preferito sostenere in via di transazione per risolvere in via preventiva le contestazioni sull'attività svolta. La deducibilità, invece, è esclusa solo per i costi rappresentati da sanzioni pecuniarie di carattere afflittivo irrogate dall'autorità giudiziaria o amministrativa per la commissione di un illecito penale o amministrativo, in quanto diversamente sarebbe neutralizzato lo scopo punitivo delle sanzioni o il contrasto diretto del comportamento con norme di interesse pubblico, trasformando quei costi in risparmi di imposta. Nella specie, invece, la contestazione atteneva ad attività di impresa per valutare se la stessa fosse stata svolta in modo conforme a regole privatistiche di esecuzione della prestazione. In caso di transazione, poi, non vi è neppure l'accertamento giurisdizionale del diritto di credito vantato dal cliente, ma si è in presenza solo di una scelta volta al miglioramento della immagine commerciale dell'impresa o alla mera prevenzione dei costi e dei rischi insiti in un contenzioso.

1.1.Tale motivo è fondato. 1.2.Invero, ai sensi dell'art. 109, comma 5, d.p.r. 917/1986, "le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi". Per questa Corte (Cass., 11 aprile 2011, n. 8135) un costo può essere deducibile dal reddito d'impresa solo se e in quanto sia funzionale alla produzione del reddito stesso; sicchè la correlazione fra costo e reddito è stata esclusa con riferimento ai costi rappresentati dal pagamento di sanzioni pecuniarie irrogate per punire comportamenti illeciti del contribuente (cfr. Cass. 29 maggio 2000, n. 7071, per le infrazioni alle norme sulla circolazione stradale; Cass., 13 maggio 2003, n. 7317; come pure per gli interessi moratori su somme pagate a titolo di sanzione: in tal senso Cass., 20 maggio 2009, n. 11176). Allo stesso modo si è ritenuto non deducibile l'esborso effettuato pe evitare indagini fiscali, trattandosi non di atto di gestione dell'impresa, ma ponendosi su un piano autonomo ed esterno alla stessa (Cass., 19 aprile 2001, n. 5796). In tutte queste ipotesi (cfr. anche la ritenuta non detraibiltà del riscatto pagato per la liberazione di un dirigente come da Cass., 11 agosto 1995, n. 8818), l'illecito compiuto "spezza", in ogni caso, il nesso di inerenza, in quanto "la spesa non nasce più nell'impresa", ma in un atto o fatto, quello antigiuridico, che per sua natura si pone al di là della sfera aziendale. La deducibilità è stata negata anche ai costi sopportati per le sanzioni pagate dall'imprenditore a titolo di condono edilizio (Cass., 7 settembre 2007, n. 1860), come pure a quelli per sanzioni irrogate dagli organismi della concorrenza e del mercato per aver posto in essere pratiche concordate per falsare in maniera consistente la concorrenza sul mercato (Cass., 3 marzo 2010, n. 5050), anche perchè tali sanzioni sono inflitte a prescindere dal danno concretamente ricevuto dai consumatori.

Si è anche affermato che sono deducibili dal reddito d'impresa le penalità contrattuali per ritardata consegna alla clientela, stabilite in base all'art. 1382 c.c., in quanto, per la natura di patto accessorio del contratto, inidoneo ad interrompere il nesso sinallagmatico, non hanno finalità sanzionatorie o punitive ma, assolvendo la funzione di rafforzare il vincolo negoziale e predeterminare la misura del risarcimento in caso d'inadempimento, sono inerenti all'attività d'impresa (Cass., 5 luglio 2017, n. 16561; Cass., n. 18903/2018). Più recentemente si è anche chiarito che le sanzioni civili per il ritardato pagamento di oneri (nella specie, previdenziali), pur avendo natura risarcitoria, non sono automaticamente deducibili come costi inerenti, dovendosene verificare la correlazione con lo svolgimento dell'attività di impresa, avendo riguardo all'oggetto sociale della stessa (Cass., 22 novembre 2018, n. 30238). Va , poi, esclusa la deducibilità delle spese legali sostenute dalla società contribuente per la difesa di propri dipendenti (Cass., 10 marzo 2017, n. 6185).

1.2. Costituisce, poi, principio consolidato quello per cui le somme erogate, a seguito di transazioni, a titolo di risarcimento del danno costituiscono costi che sono deducibili dall'impresa che provvede al pagamento, potendosi soltanto contestare la deducibilità in un unico momento o in più annualità, in relazione al principio di competenza (Cass., 25 marzo 2015, n. 5976, in una controversia relativa alla contestazione di indeducibilità dell'intero importo pagato a seguito di transazione da un imprenditore in favore del proprietario del fondo adiacente l'area destinata ad attività di impresa, per estrazione di inerti sine titulo dal terreno di proprietà altrui).

1.3. Dalla sentenza di appello emerge che l'Ufficio ha contestato la indeducibilità dei costi sostenuti dalla Banca in relazione alle transazioni su cause di risarcimento "avanzate dai clienti della banca" che "trovano innesto nell'illecito comportamento dell'istituto bancario che avrebbe omesso l'osservanza delle regole di condotta previste per i contratti di investimento proposti ai suddetti clienti". La Banca non avrebbe, quindi, osservato, "in sede

di stipulazione di contratti di investimento di obbligazioni Argentina e obbligazioni Cirio", i "principi generali di correttezza, diligenza e trasparenza". Per questa Corte, a sezioni unite (Cass., sez.un., 19 dicembre 2007, n. 26724; Cass., sez. 1, 10 aprile 2014, n. 8462; Cass., sez.1, 12 giugn 2015, n. 12262; Cass., sez.1, 27 settembre 2017, n. 22605), però, in tema di nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile, ove non altrimenti stabilito dalla legge, di determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch'esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti, la quale può essere fonte di responsabilità. Ne consegue che, in tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (cosiddetto "contratto quadro"), mentre è fonte di responsabilità contrattuale, ed, eventualmente, può condurre alla risoluzione del contratto, ove le violazioni riguardino le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del "contratto quadro". Va in ogni caso escluso, in assenza di una esplicita previsione normativa (c.d. "nullità virtuale"), che la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a norma dell'art. 1418, primo comma, cod. civ., la nullità del cosiddetto "contratto quadro" o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso.

1.4. Peraltro, per questa Corte, ai sensi dell'art. 14, comma 4 bis, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (nella formulazione introdotta con l'art. 8, comma 1, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in legge 26 aprile 2012 n. 44), che opera, in ragione del precedente comma 3, quale "jus superveniens" con efficacia retroattiva "in bonam partem", sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una "frode carosello"), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell'ipotesi in cui l'acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo (Cass., 17 dicembre 2014, n. 26461). L'art. 14 comma 4 bis legge 537 del 1993 si limita a negare la detrazione delle spese per "fatti, atti o attività" costituenti reato, ma conserva per gli altri casi, non disciplinati dalla norma speciale, il regime di deducibilità o meno dei relativi costi previsto dalle ordinarie regole dettate dal TUIR (Cass., 11 aprile 2011, n. 8135, paragrafo ff della motivazione). Nel caso in esame non v'è stata contestazione alcuna della commissione di un delitto non colposo.

1.5. Pertanto, in presenza di transazioni stipulate dalla banca con i clienti per prevenire l'instaurazione di un contenzioso fondato sulla dedotta violazione da parte dei funzionari degli obblighi informativi per la conclusioni di contratti di investimento aventi ad oggetto obbligazioni (Cirio e Bond argentini), le spese erogate dalla Banca per coprire tali costi costituiscono risarcimento del danno, e sono pienamente deducibili dal soggetto che ha effettuato i pagamenti delle relative transazioni, trattandosi di spese attinenti al concreto svolgimento dell'attività di impresa, a titolo di responsabilità precontrattuale o contrattuale e, dunque, inerenti ai sensi dell'art. 109 d.p.r. 917/1986, deducibili come sopravvenienza passiva nell'esercizio in cui interviene la relativa spesa (Cass., 5976/2015).

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce "violazione e falsa applicazione dell'art. 109 comma 5 in combinato disposto con l'art. 83 comma 1 del TUIR, in merito alla ritenuta non deducibilità dei costi derivanti dall'acquisizione del diritto di superficie", in quanto il giudice di appello sul punto ha omesso di applicare il principio di derivazione dell'imponibile fiscale dalle risultanze del bilancio las. In particolare, la banca nel 2008, a seguito dell'acquisto e dell'utilizzo di un diritto di superficie per la durata di 72 anni su un immobile di proprietà della Fondazione G. Onlus, sia per fine di mutualità bancaria sia per fini di mutualità esterna, ha sostenuto spese per € 18.400,04 a titolo di "quote di ammortamento di attività materiali di proprietà ad esso funzionali" e per € 45.051,45 per "altri oneri di gestione". Il diritto di proprietà superficiaria è stato iscritto, nello stato patrimoniale, fra le immobilizzazioni materiali ad uso funzionale, per un importo individuato attualizzando ad un tasso di mercato i pagamenti previsti per i successivi 72 anni. Il debito in conto capitale nei confronti della Fondazione G. Onlus è stato inserito fra le passività. Nel conto economico sono state inserite le quote di ammortamento del diritto di superficie, imputando tra gli "oneri di gestione" la quota di interessi determinata nel processo di attualizzazione. La banca, quindi, ha applicato il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, come se la Fondazione avesse finanziato la ricorrente al tasso di mercato per l'acquisto del diritto reale immobiliare. Il giudice di appello, invece, ha ravvisato un difetto di inerenza per il mancato utilizzo del bene nell'anno di riferimento, senza tenere conto del principio di derivazione dell'imponibile fiscale dalle risultanze del bilancio Ias di cui all'art. 83 d.p.r. 917/1986, come modificato dall'art. 1 comma 58 della legge 24-12-2007, che si applica anche ai periodi di imposta anteriori al 2008, ai sensi del comma 61 dell'art. 1 della medesima legge. In particolare la quota di interessi determinata dal processo di attualizzazione è stata individuata facendo applicazione del principio las n. 16, evidenziando che gli interessi passivi sono sempre deducibili. Quanto alla imputazione temporale la ricorrente si è attenuta al principio las paragrafo 55, per il quale l'ammortamento di una attività ha inizio quando questa è disponibile all'uso, sicché l'ammortamento non cessa quando l'attività è inutilizzata, ai sensi del principio las 16 paragrafo 55. 2.11 motivo è fondato. 2.1. Invero, deve premettersi che l'art. 83 del TUIR sancisce il principio di "derivazione" , nel senso che il reddito di impresa deriva dal risultato del conto economico della stessa ("Il reddito complessivo è determinato apportando all'utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel periodo di imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione").

2.2.Con il Regolamento CE n. 1606/2002 del 19-7-2002 si è proceduto alla armonizzazione contabile nel processo di integrazione dei mercati finanziari, con riguardo alle società europee emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentari unionali , obbligate ad adottare i principi contabili internazionali (IAS/IFRS; International Accounting Standards;) per la redazione dei propri bilanci consolidati a decorrere dal 2005, con l'obiettivo di fornire adeguate informazioni agli investitori, basate su criteri uniformi e , quindi, confrontabili tra loro. Inoltre, l'art. 5 del Regolamento 1606/2002 ha previsto che gli Stati membri possono consentire o prescrivere l'applicazione degli IAS/IFRS emanati dallo IASB (International Accounting Standard Board) nei bilanci consolidati delle società non quotate e nei bilanci di esercizio delle società quotate o non quotate.

2.3.11 legislatore italiano si è avvalso di tali opzioni con il d.lgs. 28-2-2005, n. 38. In tal modo, con la possibilità di utilizzo dei principi IAS anche per la redazione dei bilanci di esercizio di numerosi soggetti (quindi non solo per i bilanci consolidati), si è creata una frattura tra principi contabili internazionali, volti a soddisfare esigenze informative degli investitori, e principi civilistici, volti soprattutto alla tutela della integrità del capitale sociale nell'interesse dei creditori e dei soci. In tal senso le peculiarità del disinteresse degli IAS/IFRS per le funzioni organizzatorie del bilancio, l'applicazione più estesa del fair value, quindi del criterio di valutazione al valore di mercato come strumento di misurazione delle capacità reddituali o patrimoniali dell'impresa, ed, infine, l'applicazione del principio di prevalenza della sostanza sulla forma, funzionale alla confrontabilità dei bilanci, con la valorizzazione dell'effettivo contenuto economico degli atti di gestione.

2.4. Dal principio di "neutralità" derivante dalla prima applicazione delle regole fiscali introdotte dal d.lgs. 38 del 2005, si è passati al principio di "derivazione rafforzata" del reddito imponibile dalle qualificazioni, imputazioni temporali e classificazioni in bilancio previste dai principi contabili internazionali, introdotto con la legge 244/2007. Infatti, l'art. 83 d.p.r. 917/1986, come modificato dall'art. 1 comma 58 della legge 24-12-2007, n. 244, prevede che "Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento CE n. 1602/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002, valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti da detti principi contabili". Inoltre, l'art. 1 comma 61 della legge 24-12-2007, n. 244, prevede che "le disposizioni recate dai commi 58 e 59 si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. Per i periodi di imposta precedenti, sono fatti salvi gli effetti sulla determinazione dell'imposta prodotti dai comportamenti adottati sulla base della corretta applicazione dei principi contabili internazionali, purchè coerenti con quelli che sarebbero derivati dall'applicazione delle disposizioni introdotte dal comma 8". Si sono volute superare così le difficoltà derivanti dalla gestione del doppio binario tra valori civili e fiscali. Tuttavia, come detto, proprio dall'applicazione dei principi contabili internazionali sorge il principio di "prevalenza della sostanza sulla forma". L'art. 2 del D.M. 1-4-2009 n. 48 ("regolamento recante disposizioni di attuazione e coordinamento delle norme contenute nei commi 58 e 59 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 in materia di determinazione del reddito dei soggetti tenuti alla adozione dei principi contabili internazionali") prevede sul punto che "ai sensi dell'articolo 83, comma 1, terzo periodo, per i soggetti IAS assumono rilevanza, ai fini dell'applicazione del Capo II, Sezione I, del testo unico, gli elementi reddituali e patrimoniali rappresentati in bilancio in base al criterio della prevalenza della sostanza sulla forma previsto dagli IAS. Conseguentemente, devono intendersi non applicabili a tali soggetti le disposizioni dell'articolo 109, commi 1 e 2, del testo unico, nonché ogni altra disposizione di determinazione del reddito che assuma i componenti reddituali e patrimoniali in base a regole di rappresentazione non conformi all'anzidetto criterio".

2.5.Nel caso in esame, la banca ha acquisito un diritto di superficie per la durata di 72 anni su un immobile di proprietà della Fondazione G. Onlus, a fronte di una rendita annuale e con il sostenimento di costi per quote di ammortamento e per altri oneri di gestione. Il diritto di superficie era funzionale all'utilizzo dell'immobile sia per fini di mutualità bancaria diretta sia per fini di mutualità esterna. Il giudice di appello ha ritenuto tali costi non inerenti in quanto nel 2008 l'immobile non è stato in concreto utilizzato. Tuttavia, l'applicazione del principio di "derivazione rafforzata" di cui all'art. 83 del d.p.r. 917/1986, consente la deducibilità di tali costi. Infatti, per il principio di "prevalenza della sostanza sulla forma", l'acquisto del diritto di superficie sull'immobile della Fondazione per 72 anni, a fronte di una rendita annuale, la Banca ha correttamente qualificato la fattispecie come un finanziamento effettuato dalla Fondazione alla banca al tasso di mercato per l'acquisto dell'immobile. In tal modo, la Banca ha iscritto il diritto di proprietà superficiaria tra le immobilizzazioni materiali ad uso funzionale, per un importo individuato attualizzando ad un tasso di mercato i pagamenti previsti per i successivi 72 anni, inserendo tra le passività il debito in conto capitale nei confronti della Fondazione. Inoltre, è stato iniziato l'ammortamento del diritto di superficie, imputando al conto economico tra gli altri oneri di gestione la quota di interessi determinata nel processo di attualizzazione.

2.6. Pertanto, in base al Principio las 16 (Immobili, impianti e macchinari) paragrafo 23 (misurazione del costo) "il costo di un elemento di immobili, impianti e macchinari è l'equivalente prezzo per contanti alla data di rilevazione. Se il pagamento è differito oltre le normali condizioni di credito, la differenza tra l'equivalente prezzo per contanti e il pagamento totale è rilevato come interesse sul periodo di finanziamento, a meno che tale interesse non sia capitalizzato secondo quanto previsto dallo las 23". Trattandosi di "interessi passivi", in quanto la rendita era pagata in 72 anni, con il sostenimento anche dei costi di gestione, deve applicarsi il regime di deducibilità degli interessi passivi di cui all'art. 109 comma 5 d.p.r. 917/1986. Per questa Corte, infatti, ai fini della determinazione del reddito d'impresa, gli interessi passivi, ai sensi dell'art. 75, comma 5, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ed a differenza della precedente normativa contenuta nell'art. 74, del d.P.R. 20 settembre 1973, n. 597, sono sempre deducibili, anche se nei limiti di cui all'art. 63 (ora 96) del detto d.P.R. n. 917 del 1986, che indica misura e modalità del calcolo degli interessi passivi deducibili in via generale, senza che sia necessario operare alcun giudizio di inerenza (Cass., 14 maggio 2014, n. 10501; Cass., 21 gennaio 2009, n. 1465). Inoltre, quanto alla imputazione temporale trova applicazione il Principio IAS n. 16 paragrafo 55, con la centralità della "messa a disposizione del bene", invece che dell'utilizzo in concreto dello stesso. Infatti, il Principio las 16 al paragrafo 55 prevede che "l'ammortamento di un'attività ha inizio quando questa è disponibile all'uso, ossia quando è nel luogo e nelle condizioni necessarie perché sia in grado di funzionare nella maniera intesa dalla direzione aziendale. L'ammortamento di un bene cessa alla più remota tra la data in cui l'attività è classificata come posseduta per la vendita..., e la data in cui l'attività viene eliminata contabilmente. Pertanto, l'ammortamento non cessa nel momento in cui l'attività resta inutilizzata oppure ritirata dall'uso attivo, a meno che essa non sia completamente ammortizzata". L'Agenzia non ha mai contestato la disponibilità del bene immobile in capo alla Banca, né ha contestato un utilizzo non strumentale dello stesso, ma ha basato l'avviso di accertamento, sul punto, solo sulla non inerenza derivante dal preteso "non uso", invece che sulla "disponibilità" all'uso come imposto dai principi las.

3. Con il ricorso incidentale l'Agenzia delle entrate deduce "violazione e falsa applicazione dell'art. 103 comma 3 d.p.r. 917/1986, in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.", in quanto la Banca ha iscritto un bene immateriale (lista clienti) per un valore complessivo di C 398.000,00, provvedendo all'ammortamento di tale importo con aliquota del 25 % per un costo complessivo di € 99.500,00. La banca ha acquistato il ramo di azienda della ditta N., promotore finanziario. Per l'Agenzia tale somma era riferita, invece, all'avviamento, sicchè era ammortizzabile in 18 anni, con aliquota del 5,56 %. La Commissione tributaria provinciale aveva accolto il ricorso della contribuente, sul punto, a la Commissione regionale aveva rigettato l'appello proposto dalla Agenzia delle entrate, rilevando che le attività immateriali "rappresentate nello specifico dal valore delle informazioni e dei rapporti commerciali riferite al parco clientela del promotore finanziario " erano sussistenti sicchè ne era giustificata la deduzione. In base allo IFRS 3 si è in presenza di avviamento quando non è possibile identificare individualmente e rilevare separatamente una attività commerciale (in tal senso anche lo IAS 38).

3.1.Tale motivo è infondato.

3.2. Invero, la Banca ha acquistato il ramo di azienda della ditta O., acquisendo anche la lista dei clienti ed ha proceduto all'ammortamento del valore della stessa (C 398.000,00), quale bene immateriale (C 99.500,00 con aliquota del 25 %). Secondo l'Agenzia, invece, poiché non si è in presenza di un bene immateriale scorporabile, ma solo di un avviamento, non separabile, l'ammortamento poteva avvenire in 18 anni con aliquota del 5,56 %. Anche in questo caso devono essere applicati i principi contabili internazionali, per il principio di "derivazione rafforzata" di cui all'art. 82 d.p.r. 917/1986. In particolare, trova applicazione il Principio las 38, con la previsione di un'attività immateriale acquisita in una aggregazione aziendale, suscettibile di autonoma valutazione, al di fuori dell'avviamento (paragrafo 35 "se un'attività immateriale acquisita in un'aggregazione aziendale è separabile o deriva da diritti contrattuali o da altri diritti legali, esistono sufficienti informazioni per valutare in modo attendibile il fair value (valore equo) dell'attività"; paragrafo 36" un'attività immateriale acquisita in un'aggregazione aziendale potrebbe essere separabile, ma soltanto insieme ad un'attività o passività identificabile contrattuale collegata. In tali casi, l'acquirente rileva l'attività immateriale separatamente dall'avviamento ma insieme all'elemento collegato"; 38."le uniche circostanze in cui potrebbe non essere possibile valutare attendibilmente il fair value (valore equo) di un'attività immateriale acquisita in un aggregazione aziendale sono quelli in cui l'attività immateriale deriva da diritti legali o altri diritti contrattuali e, alternativamente: a) non è separabile; o b) è separabile, ma non vi è esperienza o evidenza di operazioni di scambio per le stesse attività o attività simili"). Inoltre, l'IFRS 3 Business Combination, Illustrative Examples, del gennaio 2008, prevede al paragrafo IE 24 (customer lists) che "a customer list consists of information about customers, such as their names and contact information. A customer list also may be in the forme of database that includes other information about the customer, such as their order histories and demographic information. A customer list does not usually anse from contractual or other legai rights. However, customer lists are often leased or exchanged. Therefore, a customer list acquired in a business combination normally meets the separability criterion". Nella specie, la Banca con il contratto di compravendita ha acquisito attività immateriali per € 398.000,00, che possono essere identificate individualmente e rilevate separatamente. Tali attività consistevano nel valore delle informazioni e dei rapporti commerciali riferito ai clienti del promotore finanziario. La Commissione regionale, con giudizio di merito, non sindacabile in questa sede, ha ritenuto la sussistenza del "valore specifico" delle informazioni e dei rapporti commerciali "riferito al parco clientela del promotore finanziario".

4. La sentenza deve, quindi, essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, che si adeguerà ai seguenti principi di diritto: "i costi sostenuti dalla Banca per il pagamento di somme, a titolo di transazione con i propri clienti, per prevenire l'instaurazione di controversie attinenti alla pretesa responsabilità precontrattuale o contrattuale dell'istituto di credito nell'espletamento dei servizi finanziari (obbligazioni Cirio e bond argentini) sono inerenti all'esercizio dell'impresa e, quindi, deducibili ai sensi dell'art. 109 comma 5 d.p.r. 917/1986". "I costi relativi alla acquisizione e all'utilizzo del diritto di superficie per 72 anni di un immobile da parte di una banca, nel caso di pagamento differito, sono deducibili, ai sensi dell'art. 109 comma 5 d.p.r. 917/1986, in applicazione del principio las 16, in ossequio al principio di derivazione rafforzata di cui all'art. 83 d.p.r. 917/1986, con il corollario della prevalenza della sostanza sulla forma".

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 19 settembre 2019

 

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