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Riconosciuto il diritto al rimborso IVA a favore di società spagnola in relazione a servizi pubblicitari. Agenzia dovrà procedere al rimborso dell’IVA e delle spese processuali.

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Estratto: “la società contribuente non aveva svolto alcuna attività di organizzazione di eventi in Italia o altre prestazioni e che, in questo contesto, assumeva invero rilevanza fondamentale la sussistenza, a monte, di un rapporto negoziale di promozione del marchio in favore della società spagnola, sicchè la società aveva acquistato, al solo fine di adempiere al suddetto rapporto negoziale, alcuni prodotti in Italia. È proprio in funzione della necessaria attuazione dell'obbligo negoziale di promozione del marchio che la sentenza impugnata colloca l'attività di vendita del prodotto pubblicitario acquisito dalla ricorrente, e tale profilo ha costituito il punto centrale della considerazione, espressa dal giudice del gravame, che non vi era stata nessuna prestazione attiva svolta dalla ricorrente in Italia. Questo profilo non è stato colto dal motivo di censura in esame”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 19977 del 24 luglio 2019

Fatti di causa

Dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: F. s.l., società residente in Spagna, aveva presentato un'istanza di rimborso dell'iva dalla stessa versata in Italia in favore di un fornitore che aveva eseguito servizi pubblicitari in occasione del Gran Premio automobilistico di F1 a Monza; poiché l'amministrazione finanziaria aveva rigettato l'istanza, la società aveva proposto ricorso, che era stato accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Pescara; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello principale l'Agenzia delle entrate nonché appello incidentale la società limitatamente al punto relativo alla compensazione delle spese; la Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo, sezione staccata di Pescara, ha rigettato entrambi gli appelli. In particolare, il giudice del gravame ha ritenuto che non era corretta la linea difensiva dell'Agenzia delle entrate secondo cui la società non poteva vantare il diritto al rimborso dell'iva versata in quanto la stessa aveva effettuato in Italia delle prestazioni attive, cioè la vendita al cliente spagnolo, B., di un prodotto pubblicitario per una manifestazione organizzata da terzi in Italia; invero, secondo la pronuncia censurata, la società aveva venduto al cliente spagnolo una serie di prestazioni inerenti la promozione del suo marchio e, in questo contesto negoziale, aveva anche acquistato in Italia un pacchetto pubblicitario da un ditta italiana, poi rivenduto al cliente spagnolo, sicchè la stessa non aveva compiuto alcuna prestazione attiva in Italia ostativa al riconoscimento del diritto al rimborso dell'iva versata. Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso l'Agenzia delle entrate affidato a un unico motivo di censura. F. s.l. si è costituita depositando controricorso.

Ragioni della decisione

Con l'unico motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell'art., 17 e dell'art. 38-ter del d.P.R. n. 633/1972. In particolare, l’Erario ha evidenziato che era pacifico che l'operazione eseguita in Italia dalla ricorrente mediante l'acquisto e la successiva rivendita di servizi pubblicitari in occasione del Gran Premio costituiva una prestazione attiva ostativa al riconoscimento del diritto al rimborso iva, nonostante il fatto che la stessa costituiva una prestazione da ricondursi al più ampio progetto di promozione pubblicitaria del marchio fornita dalla ricorrente al cliente spagnolo, in quanto il parziale acquisto di prodotti nel territorio italiano era funzionalmente connessa alla realizzazione dello scopo finale dell'accordo negoziale di promozione del marchio. Il motivo è infondato. Il giudice del gravame ha valutato se le operazioni di vendita al cliente spagnolo di un prodotto pubblicitario realizzato da terzi in Italia poteva costituire un'operazione attiva ostativa al riconoscimento del diritto al rimborso dell'Iva e, tenendo in considerazione i documenti prodotti, ha escluso che l'acquisto del prodotto pubblicitario in Italia, poi rivenduto unitamente ad altre prestazioni al cliente spagnolo, integrasse la circostanza ostativa al riconoscimento del diritto, di cui all'art. 38 ter del d.P.R. n. 633/1972. Sicchè, la valutazione compiuta dal giudice del gravame ha avuto riguardo ai rapporti negoziali esistenti tra la società ed il cliente spagnolo e, in questo contesto, ha valorizzato il rapporto contrattuale tra di esse esistente, in particolare, la finalità di promozione del marchio. Il motivo di ricorso in esame non tiene conto, in alcun modo, della ratio decidendi della pronuncia impugnata, limitandosi a ribadire che nella fattispecie l'operazione di vendita del prodotto pubblicitario, poiché riguardante una manifestazione svoltasi in Italia, doveva essere considerata prestazione attiva, senza tuttavia prospettare ragioni di censura al percorso motivazionale seguito dal giudice del gravame, in particolare alla considerazione che la società contribuente non aveva svolto alcuna attività di organizzazione di eventi in Italia o altre prestazioni e che, in questo contesto, assumeva invero rilevanza fondamentale la sussistenza, a monte, di un rapporto negoziale di promozione del marchio in favore della società spagnola, sicchè la società aveva acquistato, al solo fine di adempiere al suddetto rapporto negoziale, alcuni prodotti in Italia. È proprio in funzione della necessaria attuazione dell'obbligo negoziale di promozione del marchio che la sentenza impugnata colloca l'attività di vendita del prodotto pubblicitario acquisito dalla ricorrente, e tale profilo ha costituito il punto centrale della considerazione, espressa dal giudice del gravame, che non vi era stata nessuna prestazione attiva svolta dalla ricorrente in Italia. Questo profilo non è stato colto dal motivo di censura in esame, essendo stata prospettata una diversa valutazione degli elementi probatori a disposizione del giudice del gravame, senza, peraltro, indicare specificamente quale fosse il reale contenuto dei rapporti esistenti tra la società spagnola e la ricorrente nonché delle prestazioni eseguite in Italia, al fine di consentire a questa Corte di apprezzare, in modo significato, la ragione di censura prospettata. In questo contesto, non può avere rilevanza la considerazione espressa nel motivo di ricorso in ordine alla necessaria considerazione di più prestazioni nell'ambito di una valutazione unitaria e complessiva, secondo quanto precisato dalla Corte di giustizia con la pronuncia n. 276/09 (causa c-425/06). Parte ricorrente, infatti, si limita a evidenziare la necessità di non procedere ad una scomposizione delle singole prestazioni ove riconducibili ad un rapporto funzionalmente unitario sotto il profilo economico, dovendosi, peraltro, accertare la sussistenza di un eventuale rapporto di accessorietà tra una prestazione ed altra principale. La stessa, peraltro, ha precisato che la prestazione eseguita era funzionalmente connessa alla realizzazione dello scopo finale dell'accordo negoziale di promozione del marchio dell'istituto spagnolo (vd. pag. 5 del ricorso), riconducendo, quindi, il complesso delle operazioni, così come ragionato dal giudice del gravame, nell'ambito della unica finalità, che era, per l'appunto, l'adempimento dell'obbligo negoziale di promozione del marchio. Inoltre, se, è vero che, nella valutazione delle prestazioni rese, deve procedersi ad una valutazione complessiva, sì da potere collocare ciascuna di esse nell'ambito di una unica prestazione, tuttavia, va osservato che, nel caso di specie, parte ricorrente si è limitata ad affermare tali principi, senza tuttavia specificare, come detto, il contenuto esatto dei rapporti negoziali esistenti tra la società contribuente e quella spagnola, nonché della prestazione dalla prima ricevuta dal fornitore italiano, limitandosi ad affermare che è di tutta evidenza che le prestazioni rese dall'intimata società sono volte a rendere meglio fruibile l'evento sportivo cui sono ricollegate, consentendo l'accesso alla zona paddock, alla partecipazione alle cene di gala, ecc. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese di lite del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte: rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessive euro 5.000,00, oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento ed accessori di legge. Così deciso in Roma, addì 27 marzo 2019.

 

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