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Documenti depositati dal contribuente in giudizio. Agenzia non può lamentare che non devono essere considerati perché non prodotti prima. L’Agenzia come Amministrazione ha un obbligo di leale collaborazione. Confermata la vittoria del contribuente. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “Del resto la natura documentale dell'istruttoria nel processo tributario rende più facile la collaborazione per ridurre ai fatti veramente controversi la necessità di accertamento giudiziale, e nel caso proprio la fase endoprocedimentale amministrativa in cui erano stati individuati i documenti mancanti, è stato valutato dal giudice per ritenere poi assolto l'onere probatorio. Del resto nel processo tributario, l'obbligo dell'Amministrazione di leale collaborazione è ancora più forte di quello che grava sul convenuto nel rito ordinario”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 34589 del 30 dicembre 2019

Fatti di Causa

La società M. snc, presentava dichiarazione integrativa per l'anno di imposta 2010 con la quale nei riquadri RX e Vr richiedeva il rimborso del credito Iva pari ad euro 26897 di cui 25000 richiesti con la dichiarazione per l'anno di imposta 2009 e euro 1897 richiesti con la dichiarazione presentata il 9\9\2011 per l'anno 2010. Con provvedimento del 20\12\2013 l'Agenzia delle Entrate comunicava il diniego della richiesta di rimborso per omessa presentazione delle fatture di acquisto richieste con nota prot. 19881.

A seguito di reclamo ricorso presentato dal contribuente ai sensi dell'art. 17 bis dlgs. 546\92 , era iscritto a ruolo nei termini presso la commissione provinciale di Rieti. La commissione tributaria di Rieti respingeva il ricorso. Proponeva appello il contribuente il quale evidenziava come la documentazione richiesta, sia pure in fase contenziosa, era stata reperita e depositata già in primo grado. La Commissione Regionale del Lazio con sentenza nr 8646\2016 considerato che i documenti contabili richiesti nella fase preliminare all'emissione del provvedimento di diniego erano stati depositati accoglieva l'appello.

Propone ricorso in Cassazione l'Agenzia Delle Entrate, tramite l'avvocatura dello Stato, affidandosi a due motivi così sintetizzabili: violazione e\o falsa applicazione dell'art. 30 dpr 600\1973 e dell'art. 2697 cc in relazione all'art 360 comma i n 3 cpc, nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 132 cpc comma 2 n4 in relazione all'articolo 360 comma i n. 4 cpc (motivazione omessa o apparente). Si costituiva con controricorso la società M. snc chiedendo il rigetto e\o la inammissibilità del ricorso.

Ragioni della decisione

Con il primo motivo la parte ricorrente assume che il giudice sia incorso in violazione di legge, invertendo l'onere probatorio che trattandosi di rimborso gravava sul contribuente. Invero il ricorrente non coglie l'essenza della decisione impugnata che nell'accogliere l'appello, e quindi la domanda del contribuente, ha ritenuto assolto l'onere probatorio da parte del contribuente con il deposito della documentazione richiesta. Invero il giudice del merito ha considerato che vi era stata una fase endo-procedimentale in cui nel contraddittorio delle parti erano stati chiesti determinati documenti (analiticamente indicati) al contribuente, ed allorchè la documentazione risalente nel tempo è stata depositata ha ritenuto soddisfatte le condizioni di legge per il rimborso. Del resto alla luce dell'art. iii della costituzione, va, ricordato che per principio generale , (di cui è permeato il sistema processuale civile, compreso quello tributario), entrambe le parti processuali hanno l'obbligo di collaborare per circoscrivere la materia realmente controversa. Tale principio poggia le proprie basi sia sul tenore degli artt. 416e 167 c.p.c., sia anche sul carattere dispositivo del processo che anche in ambito tributario prevede preclusioni successive, nonché sul dovere di lealtà e probità posto a carico delle parti dall'art. 88 c.p.c. In particolare, proprio la struttura ontologicamente dialettica del processo tributario, e nel caso il contraddittorio era stata addirittura anticipata alla fase endoprocedimentale amministrativa, implica che soprattutto il momento probatorio sia dominato da un generale onere collaborativo delle parti in funzione di una sollecitazione semplificatoria. Inoltre, il principio di ragionevole durata del processo non è e non può essere inteso soltanto come monito acceleratorio rivolto solo al giudice ma anche a tutti i protagonisti del processo, ivi comprese le parti, che, specie nei processi dispositivi e prevedenti una difesa tecnica, devono responsabilmente collaborare delimitando, ove possibile, la materia realmente controversa. Del resto la natura documentale dell'istruttoria nel processo tributario rende più facile la collaborazione per ridurre ai fatti veramente controversi la necessità di accertamento giudiziale, e nel caso proprio la fase endoprocedimentale amministrativa in cui erano stati individuati i documenti mancanti, è stato valutato dal giudice per ritenere poi assolto l'onere probatorio. Del resto nel processo tributario, l'obbligo dell'Amministrazione di leale collaborazione è ancora più forte di quello che grava sul convenuto nel rito ordinario, in quanto le disposizioni degli artt. 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212, secondo le quali il responsabile del procedimento deve acquisire d'ufficio quei documenti che, già in possesso dell'Amministrazione, contengano la prova di fatti, stati o qualità rilevanti per la definizione della pratica, costituiscono l'espressione di un più generale principio valevole anche in campo processuale. Pertanto il motivo va rigettato.

Con il secondo motivo il ricorrente assume che la motivazione è inesistente o apparente. Invero tale motivo appare inammissibile in quanto in modo surrettizio il ricorrente intende ottenere una nuova rivalutazione dei fatti e della normativa, così come interpretati dal giudice di secondo grado non ammissibile in questo grado ma solo in sede di appello. Del resto non vi è stato alcun errore nella individuazione della materia del contendere visto che la sentenza della commissione regionale del Lazio ha considerato i fatti acquisiti al processo lasciando chiaramente trasparire il percorso logico seguito , avendo ritenuto che i documenti depositati, valutati in uno con il contenuto del provvedimento amministrativo, consentissero di ritenere assolto l'onere probatorio . Va, per altro verso, posto in rilievo come, al di là della formale intestazione dei motivi, il ricorrente deduce in realtà doglianze (anche) di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell'art. 360, 1 o co. n. 5, c.p.c. (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053). Il vizio di motivazione, nel caso ratione temporis applicabile, si può ravvisare nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti. Il concetto di fatto delineato dal legislatore implica un fatto inteso nella sua accezione storico fenomenica, e non anche come nella specie la critica circa la valutazione del fatto. Trattasi di ratio decidendi che non è stata intaccata dal motivo in questione, essendosi il ricorrente limitato sostanzialmente riproporre le doglianze già sottoposte al vaglio di questa Corte con il primo motivo. Emerge dunque evidente come il ricorrente in realtà inammissibilmente prospetti una rivalutazione del merito della vicenda, comportante accertamenti di fatto preclusi a questa Corte di legittimità, nonché la rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione. Le spese seguono la soccombenza e liquidate in euro 2700 oltre neri di legge.

P.Q.M

La Corte rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 2700 per onorari oltre oneri di legge . Roma 17 10 2019

 

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